Durante le escursioni fatte nei dintorni, come quella alla Testa dei Rossi, oppure guardando da lontano in una giornata limpida, quando la neve (meglio se poca) evidenziava le "rughe" delle montagne, si poteva notare in alto, sul dirupato versante ovest del Vallone di Balmel, una cengia che traversava dalla zona dell'Alpe Ogaggia alla Costa del Cavallo e a Lagorotto, e naturalmente questo possibile percorso è subito entrato nella lista delle "cose da fare"...
(Solo in seguito si è "scoperto" che sulla prima edizione della carta IGM è riportato un sentiero che la percorre...).
Ma la scoperta più interessante di questo giro è stata il "ritrovamento" della Pietraforata...
Con Andrea partiamo dal ponte che porta a Ruginenta il cui toponimo deriva da ruggine... e perciò legato all'attività di estrazione del ferro che si svolgeva in alto, in particolare sul versante che sale alla zona di Ogaggia, dove siamo diretti; a Ruginenta (un (1) posto macchina presso il ponte...); partiamo da qui con l'idea di raggiungere Cheggio e quindi il sentiero principale che porta all'Alpe Cavallo, percorso teoricamente più comodo e veloce rispetto a quello che sale dal ponte dopo San Pietro e che passa da Vaccareccia, ma alla fine non si è rivelata una scelta logistica giusta, perchè in questo modo ritorno da Antronapiana alla partenza diventa più lungo, e in salita siamo anche riusciti a "perdere" il poco chiaro sentiero arrivando (con dispendio di energie, cosa da non fare subito all'inizio di un lungo giro come questo...) a incrociare il sentiero ben oltre Cheggio...
[Durante la salita si passa dalla Cappella del Mundù, nei pressi della quale si nota quel che resta dell'"anziano del bosco" fotografato circa sette anni prima durante la prima visita in questa zona (vedi la foto 14 a questo : Link), purtroppo gli anni passano per tutti...].
Saliamo
lungo il comodo sentiero segnalato per l'Alpe Cavallo che si raggiunge passando prima dalle baite de I Crupp (dalla partenza all'Alpe Cavallo, poco meno di due ore); dalle baite poste a est (dove si trova San Pedar), si segue il bel sentiero che traversa lungamente il versante ovest del Vallone di Balmel o Vallone della Ferrera.
Il traverso continua lungo il versante opposto nel bosco di conifere e si
raggiunge l'Alpe La Beula, 1330 m. (fino a qui, dall'Alpe Cavallo, circa 40 minuti); poco oltre il rudere si trova una lieve traccia che sale entrando nel bosco, la conferma che si tratta del giusto sentiero la si vede dalla vecchia "freccia" in legno (se ne troveranno altre lungo il percorso), che indica la via che sale all'Alpe Cruppo; il sentiero è a tratti poco visibile ma non ci sono problemi nel raggiungere la panoramica Alpe Cruppo (Il Crap) 1622 m.
Sulla dorsalina posta più ad ovest si vedono anche i ruderi dell'Alpe
Pratoliga; proseguendo la salita sui pratoni la traccia è a tratti poco evidente tra l'erba, ma non ci sono difficoltà per arrivare al Passo di Ogaggia 1849 m. dove sulla destra (est) la dorsale sale verso la Testa dei Rossi (vedi questo giro), si continua invece lungo il sentiero sulla sinistra che porta al pianoro dell'Alpe Ogaggia 1977 m. (fino a qui, da Ruginenta, circa 4 ore); durante la salita da Cruppo si poteva ammirare il complicato e interessante versante dove traversa la cengia, notando anche la presenza di alcuni nevai residui, in particolare il più esteso che si è poi rivelato anche il più "faticoso" per la neve sfondosa...
Dal pianoro di Ogaggia si traversa verso ovest salendo sul vicino poggio roccioso da dove si vede il percorso della cengia (la presenza della neve ha reso questo percorso più impegnativo ma anche più interessante e "scenografico"...), la cengia naturalmente è molto panoramica, ma sono suggestivi anche i ripidi versanti soprastanti che salgono alla cresta...
Questo lungo traverso è utilizzato dagli animali e per questo una traccia è praticamente sempre presente, in assenza di neve non ci sono particolari difficoltà, se non l'esposizione in alcuni tratti, e la presenza di erba scivolosa (anche per questo, non solo per la neve, partiamo da Ogaggia con i ramponi che si sono rivelati molto utili).
La cengia traversa inizialmente intorno ai 2000 m. per poi salire fin verso i 2080 m. nella parte
terminale che raggiunge la Costa del Cavallo, poi prosegue rimanendo per un tratto alla stessa quota per infine scendere verso Lagorotto.
Lungo il percorso si trova una pietra con inciso "W il 1939 Z. Carlo" e poco dopo due gradini che testimoniano il fatto che ai tempi era un sentiero praticato; incontriamo diversi nevai (alcuni erano "nascosti"), e proprio uno degli ultimi, quello della foto 43 visto salendo da Cruppo, è stato il più "faticoso", anche per via dell'ora in cui siamo giunti lì, quando il sole aveva reso la neve più fradicia e si sprofondava a volte oltre il ginocchio, così per avanzare abbiamo in pratica dovuto creare una sorta di "trincea" nella neve...
Giunti su una crestina che precedeva quella della Costa del Cavallo, una inaspettata e gradita sorpresa, una roccia con numerose incisioni di vario tipo, ecco la Pietraforata...
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Dopo una piacevole e doverosa sosta alla Pietraforata (posta in una posizione piuttosto "aerea"...), proseguiamo la traversata verso il colletto innevato della Costa del Cavallo che si vede verso ovest; una volta giunti lì decidiamo di proseguire (un'altra opzione era quella di scendere la Costa del Cavallo ritornando così all'Alpe Cavallo, percorso più breve, ma valeva certamente la pena continuare e completare la traversata verso Lagorotto, e comunque vista la neve presente, la discesa
della cresta appariva affatto banale...).
Traversati al successivo colletto, e "girato l'angolo", si arriva in vista delle pietraie di Lagorotto, per raggiungerle bisogna perdere quota lungo pendii erbosi ripidi e poi risalire, e si arriva così al pianoro costellato di massi dell'Alpe Lagorotto ca. 2050 m. dove si trovano due ruderi, uno (che appare piuttosto antico) protetto da una grossa roccia, e un altro (visto da lontano durante la salita al Pizzo Ciapè : link) sul vicino pianoro erboso (in questa occasione quasi del tutto sommerso dalla neve); sopra il pianoro di Lagorotto il versante sale verso le creste del Pizzo Ciapè; il toponimo lagorotto naturalmente fa supporre che in tempi remoti fosse presente un laghetto che poi ha tracimato...
Dall'Alpe Ogaggia a Lagorotto quasi tre ore, naturalmente (in particolare in assenza di neve), questo tempo si può ridurre, ma si tratta di una traversata molto piacevole e scenografica, e per questo forse è il caso di non avere troppa fretta, in modo da gustarla il più a lungo possibile...
Durante l'avvicinamento a Lagorotto, si vedevano un paio di sentierini che traversavano in salita il versante opposto verso la dorsale che bisogna raggiungere, ma abbiamo visto che era più veloce e sbrigativo salire con una linea più "diretta" alla dorsale sopra le Alpi di Cama; scendiamo la dorsale passando nei pressi del bel "triangolo" nevoso disceso la settimana precedente dopo la seconda visita all'Alpe Pena (link), si vedevano ancora le nostre tracce...
Si continua per l'usuale percorso che da Cama porta a Le Fraccie, poi lungo il poco evidente sentiero si scende al ponte in cemento (il Ponte delle Vacche) sul Torrente Loranco; si prosegue scendendo lungo la stradina sulla sinistra costeggiando il torrente e un altro ponte porta alla strada asfaltata della Valle Antrona, rimane solo da tornare a Ruginenta, e questo richiederà circa un ora...
Tempo per questo giro, circa 10 ore e mezza.
Difficoltà EE/F (F per la presenza della neve).
Marzo 2019.
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