Su alcune mappe, ad esempio la CNS, la montagna è nominata Frate della Meia, e perciò questo toponimo è ripetuto anche da alcuni visitatori della zona, ma il frate era il nome dato a un caratteristico monolito roccioso presente in passato lungo la cresta nord, il monolito, appunto a forma di frate e alto 6 metri, è ormai crollato da tempo sembra a causa di un fulmine...
Il monolito è stato inevitabilmente ispiratore di una delle tante leggende che si raccontavano in tempi più o meno lontani (da Wikipedia) :
"La leggenda vuole che Lino, un giovane di nobile famiglia valsesiana e guardia d'onore di un imperatore romano, si fosse innamorato della figlia di questo, la bella Iole, ma Lino dovette separarsi da lei per partecipare ad un'impresa bellica in Africa. Quando a Roma giunse la notizia della morte di Lino, per il dolore Iole si fece vestale.
La notizia era falsa e dopo qualche tempo Lino tornò a Roma coperto di gloria, ma per lui Iole era morta, essendo impossibile trovarla. Con il cuore affranto tornò nella sua terra nativa, e salito il monte della Meja, qui vi attese la morte, e nel momento in cui questa lo colse una pietra assunse per incanto le sue sembianze, per ricordarlo nei secoli."
Con Andrea partiamo da Cà di Janzo 1354 m. (parcheggio a fianco della strada asfaltata poco prima delle baite), e si segue la stradina che, passando da alcune piccole frazioni, giunge al piacevole nucleo di Peccia 1529 m. (all'inizio del giro si nota che il bell'orticello già notato l'anno precedente durante
l'escursione al Colle Valdobbia (Link), è sempre ben tenuto...).
Saliti all'Oratorio di San Grato si continua fino al bivio presso il caratteristico ponte sul Torrente Sulino, e poco oltre si passa sul versante opposto del Torrente Vogna su un più "moderno" ponte, fino a qui circa 1 ora dalla partenza.
Proseguiamo la lenta e graduale salita inizialmente tra la vegetazione, partendo di buon ora (questo anche per la prevista lunga durata di questo giro), siamo avvantaggiati dal fatto di rimanere all'ombra (fino all'Alpe Camino), così da camminare piacevolmente al fresco... il percorso segue il sentiero 205 - GTA per il quale si rimanda all'ottimo sito del CAI Varallo (Link).
Salendo si vede sulla destra l'imponente Corno Rosso o Punta Carestia, mentre guardando a ritroso naturalmente spicca il massiccio del Corno Bianco (visitato l'ultima volta con Dario nell'ormai lontano 2008... vedi : questa pagina), dal bel pianoro dell'Alpe Camino 2031 m. si sale all'altrettanto piacevole zona dell'Alpe Maccagno 2188 m. con i suoi laghetti, fino a qui circa 3 ore dalla partenza.
Dai prati a nord delle baite si lascia il sentiero e dopo un primo tratto traversando verso nord, si prosegue verso ovest salendo il largo canalone il cui imbocco si vede nella foto 23, si sale poggiando sulla destra (mentre il pendio in gran parte erboso sulla sinistra continua verso la zona del Colle del Forno 2602 m.), il relativamente ripido pendio conduce a una sorta di altipiano sassoso dove, sulla destra (sud), si vede il dirupato crestone che scende alla quota 2528 m.
Si continua la salita tra massi e tratti erbosi (vedi foto 27), arrivando più in alto ad avere la visuale completa del versante soprastante, sulla destra (foto 28) si vede il canalino (dove avevamo inizialmente pensato di andare), utilizzato in inverno per accedere al tranquillo versante ovest, ma si vede anche sulla sinistra (foto 29), un piccolo pendio erboso che appariva troppo invitante... e che decidiamo di raggiungere per vedere se c'erano possibilità di raggiungere la cresta utilizzando questo passaggio.
Si sale ripidamente ma senza particolari difficoltà, più in alto in una sorta di canalino fiancheggiato da speroni appuntiti e si giunge ad una bocchetta dalla quale si vede in alto la cresta nord del Monte della Meia che sale dal Colle del Forno (la cresta continua in direzione nord alla bella Punta del Cortese ormai già raggiunta dalle nubi), questa bocchetta permette di accedere al versante (foto 36), salito il quale e poggiando alla fine sulla sinistra, si raggiunge la cresta nord del Monte della Meia, fino a qui dall'Alpe Maccagno, circa 2 ore.
Un primo tratto ripido ma agevole, porta in vista dell'anticima (foto 46) trovando inizialmente un tratto in piano che si supera agevolmente lungo una sorta di cengia rocciosa (foto 47) e si arriva alla base (sulla sinistra) del versante da risalire, il pendio è molto ripido e la roccia presente è spesso instabile... si sbuca così sull'erbosa anticima (secondo la carta CTR di ben 6 metri inferiore al Monte della Meia, anche se "ad occhio" sembravano avere la stessa quota...).
Proseguiamo lungo la cresta fino ad arrivare di fronte alla paretina di foto 54 il cui accesso ci è parso piuttosto esposto per le nostre capacità (inoltre non era del tutto chiaro anche come arrivarci... probabilmente percorsa in senso contrario i passaggi dovrebbero essere più comprensibili), allora
decidiamo di aggirare scendendo e traversando sul versante Artogna (molto ripido), risaliti alla cresta giungiamo infine senza ulteriori
difficoltà sulla sommità del Monte della Meia 2812 m. fino a qui dall'Alpe Maccagno, poco più di 3 ore.
Intanto il tempo è andato gradualmente peggiorando (le previsioni erano buone...), e anche in questa occasione le cime più elevate si sono
nascoste alla vista, comunque c'è stata qualche apertura in particolare verso i sottostanti (e molto belli...) laghi dell'alta Valle Artogna, la zona del Corno Rosso, la Berretta del Vescovo e anche la Cima Morticci salita in una precedente escursione (Link), e come al solito invece si vedeva che in Valle d'Aosta il tempo era migliore...
Una breve sosta e andiamo a dare una occhiata al versante della cresta sud-est, possibile percorso di discesa, ma riflettendo sui tempi necessari e vista l'ora ormai tarda, decidiamo "saggiamente" di scendere per la via più sbrigativa, e cioè direttamente dalla cima lungo il lineare versante ovest sulle mobili (ma non troppo fastidiose) pietraie (versante al quale accede il canalino degli sciatori visto durante la salita).
Scesi al termine delle giavine, continuiamo sui prati verso sinistra (sud) cercando un "punto debole" che permetta di scendere il roccioso zoccolo basale, in questa occasione ci spostiamo sulla sinistra fino ad una sorta di canalino molto ripido (foto 71), poi traversando sui tranquilli pendii sottostanti, notiamo che più ad ovest era presente un probabilmente più agevole
passaggio (foto 73).
Si continua verso ovest cercando il percorso migliore che permette di scendere ai tranquilli prati dell'Alpe Maccagno (dalla cima all'Alpe Maccagno, circa 1 ora e mezza); il percorso seguito in discesa è anche il più "facile" e diretto alla cima, però non è presente alcun tipo di segnalazione e l'orientamento può essere difficoltoso se già non si conosce questo versante della montagna... (Comunque, con riferimento alla foto 79, si sale raggiungendo la zona in alto sulla destra al sole, si continua nel valloncello nascosto dietro lo sperone roccioso che si vede alla sinistra, sempre al sole, e poi si cerca il passaggio sulla sinistra che permette si salire prima ai prati, e poi alla giavina dove il seguito del percorso è evidente).
Dall'Alpe Maccagno, dopo il rifornimento di acqua alla locale sorgente (segnalata), ritorniamo lungo il sentiero 205, con sosta forzata a Peccia colti da un (non previsto) temporale...
Tempo per questo giro, circa 11 ore, Agosto 2020
Difficoltà :
E per il sentiero segnalato. EE per la discesa dalla cima.
F per la salita alla cresta nord, e qualche maggiore difficoltà lungo la cresta.
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