Migiandone - Runc dal Dunzela - Alpe Fontane - Alpe Sciuco - Alpe Lanca - Cà d'la Loja - Alp Muruset - Mot del Muruset - Alpe Grausteini - Alpe Zicsi - Cà d'la Loja - Zevi - Alpe Cuna - Alp di Frezza - Alpe Bara - Alpe Svendi - Alpe Jonisse - La Villa - Aresti - Bormia - Alpe Ronchi - Migiandone.
Dopo una "pausa" di qualche mese, ritorno sull'interessante versante della montagna di
Migiandone (o
Miggiandone come si diceva un tempo...), per un giro che ricalca in buona parte quello fatto ad aprile 2019 (
Link); personalmente l'obiettivo era quello di vedere due alpeggi che ancora mancavano (in particolare l'
Alpe Jonisse), in pratica abbiamo "trovato" anche due balme inedite (di cui una piuttosto interessante), e comunque, anche in questa occasione, si conferma la regola che, ritornando in luoghi già visitati, si scopre sempre qualcosa di nuovo e di interessante...
Con Andrea partiamo dal piccolo parcheggio presso la
Chiesa Parrocchiale di Sant'Ambrogio in una mattinata invernale più tiepida del previsto (per la prima parte del percorso riporto quanto scritto per la visita precedente), e poi si segue il percorso segnalato che sale alle trincee della
Linea Cadorna lungo la sempre bella mulattiera, giunti pochi metri prima del ponte in cemento sul
Rial Boecch, si lascia il percorso segnalato per salire sulla destra idrografica del torrente trovando una traccia intermittente (e anche vecchi e scoloriti segni di vernice).
Si giunge alla Cappelletta e ai ruderi dell'
Alpe Runc dal Dunzela, proseguendo si arriva all'
Alpe Fontane, un alpeggio esteso con varie baite e numerosi terrazzamenti; ciò che colpisce qui è proprio il numero e la bellezza degli infiniti muretti costruiti ordinatamente su questo versante... la conferma che un tempo la comunità di
Migiandone viveva proprio qui (e negli agglomerati circostanti, come ad esempio
La Villa), il fondovalle era meno sicuro a causa delle piene del
Toce, e questo valeva per buona parte della bassa Ossola.
Si prosegue la salita seguendo i radi segni di vernice che portano verso i tralicci dell'alta tensione, questo percorso è chiamato la
Stra di Pai (strada dei pali, pali intesi come tralicci... probabilmente era stato segnalato quale percorso di "manutenzione" riguardo ai tralicci), la traccia è spesso invisibile e bisogna cercare i vecchi segni scoloriti; sotto al secondo traliccio, in una zona di piante cadute, troviamo una bella e interessante balma "inedita"... si giunge poi all'
Alpe Sciuco dove transita il sentiero che sale dalla
Villa a
Zevi; si continua passando nei pressi della
panoramica Cappella della
Lanca e dall'omonimo esteso alpeggio, e poi si arriva nella zona dell'Alpe
Zevi.
Senza raggiungere Zevi saliamo direttamente verso la baita dell'
Alp Muruset e poi sulla destra raggiungiamo il
Mot del Muruset con le costruzioni (trincee e stradina), della
Linea Cadorna; rispetto alla visita precedente, dove avevo seguito la strada militare fino al termine, ed ero salito con percorso libero, in questa occasione, al tornante della strada saliamo cercando le tracce del sentiero che dalla zona di
Zevi sale a Grausteini,
sentiero che troviamo più in alto primo di giungere in una zona con giganteschi massi dove troviamo una balma.
Giungiamo così a
Grausteini (notevole e comodo punto di osservazione per i dirimpettai
Corni di Nibbio) , saliamo alle spalle della baita incrociando
ogni tanto il tubo dell'acqua, rispetto alla precedente visita, forse anche per la presenza della neve, non è stato così immediato trovare la traccia giusta che traversa ai ruderi di
Zichsi... all'inizio del traverso Andrea trova un profondo "buco" nel terreno piuttosto mimetizzato dalla vegetazione (e per questo occorre prudenza in questa zona...); è possibile che sia uno di quegli scavi di "assaggio" fatti in passato su questo versante alla ricerca di minerali come rame, grafite o altro, come riportato su antichi documenti dove è riportato il toponimo
Xixi...
Ritornati a
Grausteini scendiamo lungo il percorso di salita (sono presenti tagli), che porta alla
Cà d'la Loja presso
Zevi, salutato l'asinello scendiamo per il percorso che porta a
La Villa fino al bivio segnalato (cartelli) e traversiamo verso est superando il
Rio della Loja arrivando all'
Alpe Cuna; dal vicino piccolo pozzo scendiamo lungo la mulattiera (più in basso si passa presso un altro pozzo), che poi si abbandona per traversare sulla sinistra scendendo alla sottostante
Alp di Frezza; anche qui è presente un pozzo... sulle due architravi in sasso della grande baita si legge la data
1874.
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Ritornati alla mulattiera la seguiamo in discesa fino alla quota dell'Alpe Bara (ca. 500 m.) si traversa a sinistra per un sentiero che raggiunge appunto l'
Alpe Bara, da dove, seguendo una lieve traccia intermittente, si scende a incrociare il sentiero principale che traversa dal
Forte di Bara, in seguito si giunge al muro di fianco al sentiero dove una
apertura permette di scendere alla sottostante
Alpe Svendi.
Risaliti alla mulattiera saliamo il versante lungo una vaga traccia che porta alla soprastante
Alpe Jonisse ca 570 m. (la pronuncia locale è
iunisc... che dovrebbe essere riferito al nome dialettale degli ontani); l'alpeggio risulta più interessante del previsto, e da quel che si vede non doveva nemmeno
essere un alpeggio "secondario", nonostante il terreno ripido e poco favorevole... in alto sulla facciata della baita si vede una sorta di nicchia che avrebbe potuto ospitare forse una immagine sacra, e all'interno (foto
16), una caratteristica rientranza nel muro (cosa già vista in altri alpeggi), la cui funzione non è chiara...
Si prosegue poi verso
La Villa con i suoi massicci architravi a mezzaluna (si nota che questi architravi sono solitamente "doppi" e sono separati da un travetto in legno, naturalmente quello di migliore fattura era sempre posizionato all'esterno... vedi le foto
49 e
50 scattate più in basso a
Bormia).
Dalla
Villa scendiamo sulla sinistra lungo la vecchia mulattiera che porta prima ad
Aresti dove ammiriamo la "casa padronale" che, anche se ormai in rovina, mostra ancora alcuni particolari costruttivi che fanno capire la sua importanza in passato...
Traversato un piccolo rio si arriva alla Cappelletta di
Bormia, di fronte alla quale si trova una casa (ormai assediata dalla vegetazione), interessante anch'essa per le sue modalità costruttive, e troviamo un bel forno che è destinato a scomparire, trovandosi in una stanza dove il soffitto è ormai pericolante, (forno che mi era sfuggito durante la precedente visita, a conferma che si trova sempre qualcosa di nuovo...), su una architrave è incisa una Croce (come per la "casa padronale" di
Aresti che all'apparenza è più antica), in questa zona le Croci incise sono piuttosto rare.
(Visto l'avanzato stato di degrado in cui si trovano molti edifici dei nuclei visitati (non solo in questa zona), per cui tra alcuni anni certe cose non si potranno più vedere, credo che sia giusto cercare di ricordare con l'unico modo possibile, e cioè con le immagini (che magari a qualcuno possono sembrare in numero eccessivo), un mondo, un modo di vita ormai lontano che non si deve dimenticare...).
Saliamo poi al nucleo dell'
Alpe Ronchi per ammirare quella che è forse la cosa più interessante presente in questa zona, e cioè una cantina ancora in ottime condizioni dove si nota la grande perizia con cui era stata costruita, veramente notevole... senza trascurare anche l'inusuale architrave della foto
65...
Scesi poi alla stradina che sale al Santuario della Madonna di Oropa, si ritorna a
Migiandone.
Tempo per questo giro, circa 8 ore
Dicembre 2019 - Difficoltà
E/EE
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